Con questo contributo, volutamente breve, non ho la pretesa di intervenire su tutto quanto è scritto nelle tesi ma voglio semplicemente intervenire su un paio di punti delle stesse.

Storicamente nessun nuovo inizio è partito da zero e questo ragionamento ancor di più vale per il movimento operaio.

Lenin non gettò certo alle ortiche tutta l’esperienza socialdemocratica e Trotskij fece altrettanto con l’Internazionale Comunista salvandone i primi congressi, questo solo per fare due esempi storici che, per noi e la nostra storia, hanno una grossa valenza.

Venendo a noi, e al nostro congresso, devo dire che quello che mi è saltato più all’occhio, al di là delle parti condivise o meno e su cui tornerò più avanti, è un’operazione logica per cui si afferma una cosa in via di principio e la si nega in tutto il resto del ragionamento.

Al punto 3.3 delle tesi nel penultimo capoverso si afferma: Non si tratta di dichiarare la fine della funzione del partito.

Bene! Ma questa affermazione è vanificata da tutto il resto di quanto scritto nelle tesi, si cerca di mettere insieme Sinistra critica (organizzazione), Atenei in Rivolta (movimento universitario), Rivolta il Debito (strumento di intervento di S.C.), Social Network, Rivista on line, Rete intersindacale di delegati, Quaderni Viola, come un insieme virtuoso che supplisce alla mancanza dell’organizzazione-partito.

Ognuna di queste cose va bene se ricollocata coerentemente nel suo ambito e proprio per il rispetto dell’autonomia dei movimenti, quando di movimenti si tratta, e per chiarezza politica quando si tratta di strumenti di Fronte Unico o più semplicemente di strumenti di Sinistra Critica.

Allora viene il dubbio che l’affermazione iniziale: “Non si tratta di dichiarare la fine della funzione del partito” abbia solo la funzione, in ambito congressuale, di coprirsi, rispetto a chi eventualmente accusasse il documento di maggioranza di dichiarare la fine della funzione del partito.

Autoorganizzazione delle masse e democrazia negli strumenti di lotta


Dal 1981, anno in cui ho aderito alla LCR, ogni volta che si parlava di autorganizzazione ci si riferiva ai momenti più alti della mobilitazione delle masse. Il buon Livio Maitan diceva, ovviamente riporto per come lo ricordo non voglio certo citarlo a sproposito, che quando le masse si sono autorganizzate si è avuta o una situazione rivoluzionaria o prerivoluzionaria (Comune di Parigi 1871, Russia 1917, primo dopoguerra in Germania, Ungheria, Italia tanto per fare alcuni esempi).

Possiamo oggi ragionevolmente parlare di possibilità dell’autorganizzazione nel senso pieno della parola? Nel senso dello sviluppo di quel dualismo di poteri di cui l’autorganizzazione delle masse è uno dei due poli?

Iniziamo a rispondere a questa domanda per capire di cosa parliamo.

Una cosa è l’Autorganizzazione delle masse che si crea nei momenti alti del conflitto sociale, altra cosa è la costruzione nei luoghi del conflitto di strumenti democratici di lotta, comitati di lavoratori/lavoratrici, di migranti, di studenti ecc.

Oggi i livelli di coscienza e di mobilitazione delle masse non portano certo allo sviluppo del dualismo di poteri di cui sopra, ma quanto meno rendono possibile uno sviluppo, a macchia di leopardo, di strumenti di lotta su vari temi (ambiente-donne-lavoro-migranti.-studio ecc) e/o di Fronte Unico democratici e partecipati.

E’ su questo che dobbiamo puntare, da una parte alla creazione di strumenti sociali di lotta di cui sopra, dall’altra alla costruzione di un Fronte Unico di opposizione sociale e politica alternativo al PD ed al neoliberismo.

Per qualcuno non saranno proposte nuove, magari verranno bollate come la solita minestra riscaldata, come una proposta irrealistica che crea impazienza.

Sinceramente credo che la pazienza sia una dote dei rivoluzionari, l’impazienza porta solo a cercare e vedere scorciatoie anche dove non ci sono strade ma baratri.


Antonio S. Livorno