24 marzo 2010

Per un'uscita dalla crisi a sinistra e con nuovi diritti


La rivista Forbes ci informa che nel 2009 il numero dei miliardari in dollari nel mondo è aumentato del 20% rispetto al 2008, e che il loro patrimonio complessivo è cresciuto del 30%. Anche l’italia ha fatto la sua parte, per fare un esempio Silvio Berlusconi ha dichiarato nel 2009 un reddito di 23 milioni di euro, 9 in più dell’anno precedente, ed un patrimonio complessivo di 7 miliardi.
Nel 2009 però, a causa della crisi economica, il PIL mondiale è sceso di circa il 4%, in europa ci sono 18 milioni di nuovi disoccupati, dei quali 300 mila sono italiani. Questi numeri nel sud del mondo hanno significato letteralmente milioni di morti per fame e malattie e nuove migrazioni di intere popolazioni impoverite.
E’ evidente che i conti non tornano! La crisi colpisce duramente i lavoratori dipendenti e i popoli più poveri, mentre chi più aveva ha aumentato ancora le sue ricchezze.
Questo è doppiamente ingiusto perché significa che a pagare sono quelli che non hanno alcuna responsabilità del declino economico mondiale!
Come se non bastasse Tremonti e Belusconi ci hanno preso in giro prima affermando che la crisi era soltanto psicologica, poi che sarebbe durata poco e che l’italia stava meglio degli altri (ben magra consolazione). Tutti i dati però stanno dimostrando il contrario, il PIL italiano è crollato nel 2009 del 5.1%, uno tra i peggiori dati europei, e nei primi mesi del 2010 la cassaintegrazione è cresciuta ancora coinvolgendo 1.200.000 lavoratori e lavoratrici.
La crisi non è affatto finita!
Persino sulle cause della crisi siamo stati imbrogliati. Ci hanno raccontato che è tutta colpa di banchieri cattivi che hanno messo in difficoltà la “sana” economia e gli imprenditori produttivi con le loro speculazioni finanziarie.
La realtà è differente. Non ci sono imprenditori “buoni” e speculatori “cattivi”: la finanziarizzazione dell’economia e le speculazioni borsistiche sono state uno strumento che il capitale nel suo insieme ha utilizzato per aumentare i profitti attaccati negli anni ‘60/’70 dalle conquiste operaie e sociali e dalle diverse condizioni di scambio internazionali. Per abbattere quelle conquiste il padronato ha utilizzato tutti i mezzi per imporre i propri interessi: ristrutturazioni e delocalizzazioni produttive, distruzione delle tutele giuridiche del lavoro, precarizzazione, divisione tra lavoratori nativi e migranti,…
Proprio quest'ultimo sta diventando un elemento centrale dal punto di vista politico, sociale ed economico. La “caccia al negro” di Rosarno ha mostrato che nulla fa guadagnare di più ad un imprenditore che poter ricattare o cacciare in ogni momento un migrante sapendo che da clandestino non potrà far valere i propri diritti di lavoratore.
Per le forze politiche di governo è una vera manna poter soffiare sul fuoco dell’intolleranza e del razzismo incolpando i migranti di ogni male e distogliere l’attenzione dalle proprie responsabilità e dal proprio immobilismo rispetto alla crisi.
Dovrebbe invece essere chiaro che il lavoro di 4 milioni di migranti è ormai indispensabile in interi settori economici come agricoltura, costruzioni, i servizi alla persona, i loro contributi pagano le nostre pensioni, i loro figli rendono giovane e dinamica la nostra società altrimenti destinata al declino demografico.
Di fronte a questa crisi l’unico destino è soccombere o tentare di sopravvivere con espedienti individuali? Noi non lo crediamo!
E non lo credono le migliaia di lavoratrici/lavoratori, studentesse/studenti, precari/e che in questi mesi hanno comunque resistito e lottato per non farsi schiacciare dalla crisi. Resistenze di cui i tetti di molte fabbriche, scuole euniversità sono diventati il simbolo.
Quei tetti devono allora comunicare tra loro e unificare le loro lotte costruendo una rete di solidarietà per arrivare ad una mobilitazione nazionale che faccia pagare le crisi a chi l’ha generata.

Sinistra Critica