LIVORNO: COSA FARE DAVANTI ALLA CRISI?



Delphi prima, ora TRW e Inalfa, l'Agip petroli, il cantiere navale e la Lips ormai diventati un ricordo lontano:è il triste elenco delle attività produttive sparite o che rischiano di sparire a Livorno.Dietro l'elenco ci sono perdita di posti di lavoro, precarietà ,famiglie con redditi ridotti e impoverimento di strati sempre più ampi di popolazione.
Non si sono impoverite invece le multinazionali che, hanno potuto fare il bello e cattivo tempo,utilizzare lavoro precario liberamente, avere aree industriali e spazi per realizzare i propri profitti.
In questo non ostacolati da un sindacato spesso incapace di andare oltre l'accettazione dell'esistente, di puntare solo “a creare condizioni favorevoli all'insediamento dell'indotto”, senza avere una propria visione economico-sindacale del territorio. D'altro canto le amministrazioni comunali che si sono succedute, hanno dato l’ esempio di come si distrugge un comparto industriale, per favorire imprenditori e speculazione edilizia, come le vicende del cantiere e della lips insegnano.
Ora cosa fare? Per prima cosa, come mostrano gli studenti di tutta Italia, bisogna affermare che : la loro crisi non la paghiamo noi!! Chi in questi anni ha ricavato profitti e utili dalla produzione e dalle speculazioni deve essere costretto a risarcire il territorio e i lavoratori. I terreni delle strutture in crisi devono essere requisiti, senza indennizzo, e utilizzati per produzioni che abbiano un futuro e una utilità sociale (non è pensabile che in una fase recessiva con un calo di vendite ipotizzato intorno al 30% , il mercato dell'auto riesca a tirare).Se si trovano imprenditori che investono in questo senso, bene, altrimenti deve essere lo stato ad attivarsi con un 'intervento pubblico partecipato e legato al territorio.
Perchè si può intervenire per salvare banche e assicurazioni utilizzando soldi nostri e non si può intervenire per creare o mantenere attività produttive?
Però è chiaro che la battaglia da fare non può essere solo locale o settoriale: la crisi è mondiale con ricadute nazionali e le soluzioni non possono essere che allo stesso livello.
Oggi si profilano almeno due anni di recessione economica, che tradotto significa licenziamenti: come quelli avvenuti già nei comparti finanziari, nel settore delle auto, dei beni durevoli e in quello pubblicitario. Sarà una dinamica a spirale dove i licenziamenti produrranno un abbassamento generale dei consumi e della domanda, provocando ulteriori licenziamenti poichè ancora una volta il problema del capitalismo e dei governi sarà quello di tenere alti i profitti.
Serve certo un piano straordinario, ma nella direzione opposta a quella prospettata finora dai governi in concerto con industriali e banchieri.
L’intervento pubblico serve non se socializza le perdite e salva i capitalisti, ma se ribalta le politiche capitalistiche che hanno generato una crisi inevitabile:

1)Nazionalizzare senza indennizzo le banche e le grandi aziende – causa ed effetto della crisi – mantenendo inalterata l’occupazione.
2)Varare immediatamente una grande “patrimoniale”, per tassare le grandi proprietà e i grandi profitti e trovare risorse per interventi pubblici straordinari.
3)Gli interventi straordinari devono partire dal sostegno ai lavoratori e alle lavoratrici attraverso l’istituzione del salario minimo a 1.300 € al mese e un salario sociale triennale per chiunque perda il posto di lavoro a prescindere dalla tipologia di contratto.
4)Raddoppiare immediatamente le pensioni minime.
5)Avviare un grande piano di intervento pubblico per rilanciare servizi pubblici e stato sociale.

Sinistra Critica Coordinamento Livornese