La manifestazione del 16 ottobre 2010:
La rinascita dell'oposizione anticapitatista.
Scritto da bruno   De Martinis    
Domenica 17 Ottobre 2010


 La manifestazione di sabato 16 ottobre  non ha rappresentato la volontà di resistenza della sola Fiom, ma la dimostrazione che, nonostante tutto, l’opposizione sociale e di classe (come si sarebbe detto un tempo) è ancora viva e tutto sommato in ottime condizioni di salute. E con questo non si intende affatto sottovalutare a portata dello sforzo organizzativo e politico della Fiom e dei settori più critici e vivaci sul piano delle lotte della stessa Cgil. È stata una manifestazione grandiosa:  basti pensare che la coda del corteo che partiva da piazza della Repubblica aveva appena cominciato a muoversi, quando a piazza San Giovanni Guglielmo Epifani stava pronunciando l’ultimo tra gli interventi dal palco.

Il  suo comizio, probabilmente l’ultimo da segretario nazionale della Cgil, era stato preceduto da quello di Maurizio Landini, segretario generale della Fiom, che aveva messo sul piatto la richiesta  dello sciopero. Dopo venti minuti di tergiversazioni (e di fischi da parte della piazza) Guglielmo  Epifani accoglieva, questa volta tra gli applausi, la proposta di sciopero generale.

Lo sciopero generale è stata la cifra di questa manifestazione, il suo programma, la sua strategia. Ma le sue gambe e le sue braccia ne sono state il motore. Quella del 16 è stata anche la manifestazione degli studenti e delle studentesse, dei lavoratori e delle lavoratrici della ricerca e della conoscenza a difesa della scuola e dell’università pubbliche e formative; ma è stata anche la giornata delle e dei migranti, dell’intellettualità democratica, a difesa della cultura e della libertà d’espressione, del lavoro precario, dei movimenti a difesa dei beni comuni, l’acqua per prima, e dei territori come dimostra la nutrita rappresentanza aquilana. Tutte queste realtà hanno avuto modo di esprimersi a piazza San Giovanni.

E  naturalmente i cortei – fittissimi, colorati prevalentemente di rosso, chiassosi, allegri - hanno registrato la convinta e  numerosa partecipazione delle reti a difesa del territorio, delle associazioni, come Attac !– Italia presente con numerose bandiere, dei comitati di cittadini, dei Centri Sociali, di Emergency, del Popolo Viola.

La manifestazione ha segnato anche la vivacità della sinistra politica radicale e di classe, presente con spezzoni, folti e numerosi: dalla SEL a Rifondazione Comunista a Sinistra Critica al Partito comunista dei lavoratori. Presente anche l’Italia dei Valori di Di Pietro e coerentemente assente il PD.

È stata inoltre una manifestazione assolutamente pacifica nonostante il gufaggio attivo di Maroni e il disappunto di diversi membri della maggioranza e anche della sedicente opposizione: Francesco Boccia, esponente del PD e uomo di Enrico Letta si è detto ”nauseato” (sic) dalla nostra manifestazione.

È stata una manifestazione che, in quest’Italia malata e depressa, induce all’ottimismo. Ottimismo per l’unificazione delle lotte e dei movimenti, ottimismo per la radicalità delle piattaforme e delle rivendicazioni. Ottimismo per un fronte che ricorda, per chi come me viene dalle lotte degli anni ’70, quell’unità tra operai e studenti che fu all’origine dell’ onda lunga del sessantotto italiano.

Gli anni ’70, nonostante le leggende metropolitane veicolate dalla destra al governo e dai suoi fans nel Piddì, sono stati prevalentemente anni di crescita sociale, politica e culturale ed è stata l’obiettiva alleanza del terrorismo e  dello Stato che ha posto fine a quella stagione.

È per questo che dopo l’enorme manifestazione del 16 ottobre c’è qualcuno che ha paura: i vari Sacconi, Letta zio (Gianni-Pdl) e nipote (Enrico-Pd), Veltroni, Marcegaglia, Berlusconi e Marchionne, definito ancora pochi anni fa come un padrone illuminato da parte di Fausto Bertinotti, hanno paura dell’unificazione delle lotte  e della crescita di una nuova coscienza anticapitalista.